|
Pubblicato su politicadomani Num 83/84 - Settembre/Ottobre 2008
Inserto
Osservatorio di Pavia sulla Comunicazione
Tv e territorio, un rapporto molto problematico
Ibridazione dei generi, ripetitività dei palinsesti, pubblicità diffusa e poca aderenza al territorio i peccati veniali e mortali delle emittenti locali
Valutare la qualità televisiva nell’emittenza locale, è questo l’obiettivo che ha spinto il Comitato Regionale per le Comunicazioni del Piemonte ad avviare un progetto sperimentale denominato “La buona tv in Piemonte - Indagine svolta sui palinsesti di 20 emittenti locali piemontesi nella settimana dal 9 al 15 dicembre 2007”. Il Comitato, in una prospettiva positiva d’incoraggiamento, ha proposto un codice di qualità alle emittenti locali. Successivamente ha affidato all’Osservatorio di Pavia (www.osservatorio.it) il compito di definire le metodologie per monitorare le emittenti che hanno aderito al progetto e valutare i loro palinsesti, i loro programmi e la loro reale adesione al Codice di qualità. Il lavoro finale, curato da Manuela Malchiodi, è stato pubblicato nel sito dell’Osservatorio.
In questo articolo si riportano alcune riflessioni di sintesi che per la loro profondità di analisi rispecchiano ciò che accade anche in ambiti territoriali più ampi.
Il primo passo fatto dall’Osservatorio di Pavia è stato quello di classificare la programmazione di ogni emittente in tre macro-generi televisivi: informazione, intrattenimento, pubblicità.
Si chiama Ibridazione dei generi il fenomeno che è stato notato. Un fenomeno interessante, che non riguarda solo le televisioni locali ma tutta la televisione. La ibridazione coinvolge anche il terzo macro-genere, quello della pubblicità; in questo caso, però, precisa la ricerca, “sembra trattarsi di un fenomeno molto più specifico all’emittenza locale che nazionale”. Dai dati raccolti, risulta infatti che “assai spesso si incontrano trasmissioni riconducibili ai macro-generi informazione o intrattenimento, ma profondamente penetrati da logiche promozionali, neppure mascherate. Addirittura, si trovano spazi di palinsesto che, per come sono presentati (sigla, titoli, presenza di una conduzione e di ospiti, ecc.), sembrano programmi di informazione o intrattenimento, ma rivelano in fretta la loro evidente natura di vetrine commerciali”.
L’indagine ha poi messo in luce una tendenza alla ripetitività dei palinsesti, che non riguarda le singole reti, ma tutto il campione: infatti “è capitato spesso di incontrare le stesse trasmissioni su più reti”. La ragione di questa condivisione di programmi è dovuta a diverse cause: “in alcuni casi si tratta di progetti informativi comuni a consorzi televisivi; in altri casi, di programmi di informazione istituzionale - o anche di spazi politici autogestiti - distribuiti su un gran numero di reti; altrove, si ha a che fare con rubriche e rotocalchi tematici prodotti da agenzie specializzate o da canali tv satellitari e diffusi ampiamente nell’emittenza locale; ancora, l’appartenenza di emittenti al medesimo gruppo editoriale o l’adesione a circuiti sono fattori che spiegano la frequente circolazione degli stessi programmi”.
L’autrice del monitoraggio ha poi aggiunto un’altra considerazione riguardo i palinsesti in generale e si riferisce alla “presenza di componenti promozionali nel corpo dei programmi, che rischia di comprometterne la qualità, l’autonomia dei contenuti e di alterare la loro stessa natura, assimilando sedicenti o apparenti programmi di informazione/intrattenimento a mere vetrine commerciali”.
Infine, la ricerca ha concentrato la sua attenzione sull’aderenza al territorio delle reti televisive locali ed ha riscontrato “una maggior aderenza al locale nei notiziari, mentre il resto dell’informazione si mostra più spesso svincolato da questa dimensione. Sono quindi i notiziari i primi depositari di quella funzione centrale e costitutiva dell’emittenza locale, che consiste nel raccontare il territorio e nel farsi portavoce delle sue esigenze. Infatti, anche le reti che mostrano un debole sforzo produttivo difficilmente rinunciano a un proprio notiziario locale”.
|
|
|